Il nome del genere è dedicato all'astronomo danese Tycho Brahe; l'epiteto specifico si riferisce invece alla possibilità di poterne mangiare i datteri maturi.
Questa palma è originaria dell'Isola di Guadalupe, ove è in pericolo d'estinzione; fu scoperta attorno al 1875.
E' alta fino a 12 m, ha un tronco del diametro di 40 cm, allargato alla base. La foglia ha un picciolo di circa 1,5 m con margini prominenti e dentelli smussati; nell'attacco al fusto si ricopre di un folto tessuto bruno-rossastro.
La lamina è palmata con un raggio di 1,5-2 m, concava superiormente e divisa sino a metà in 70-80 segmenti verdi, rigidi, larghi circa 3 cm e incisi all'apice.
L'infiorescenza, dotata di spate pelose, è lunga come le foglie o leggermente meno, è ramificata (con 3 ordini di ramificazioni). I frutti sono globosi, mucronati, di circa 3,5 cm in diametro, prima verdi poi gialli, infine neri a maturità e commestibili.
I semi sono i più duri con cui mi sia capitato di lavorare, sopratutto a causa della presenza di una 'corazza' protettiva che solo dopo 1 ora e più di levigazione (elettrica, non oso pensare a pedali) incominciano a rivelare il bianco esterno; ancor più particolare è il punto di attacco del picciolo, chiamato botanicamente mucrone, che forma all'interno del seme una massa più scura non rilevabile esternamente.
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