Questo lavoro è fatto in collaborazione con un amico Artigiano di nome Carlo, il quale si occupa del montaggio della pelle e dei rinforzi interni e con un amico di nome Gianantonio che ha le capre e si occupa della scuoiatura e concia della pelle.
Le percussioni che realizzo sono fatte di un materiale particolare e leggerissimo che è rappresentato dalla base del fiore dell'Agave.
L'Agave, pianta originaria del Messico ma naturalizzata sulle coste italiane a partire dalla metà dell'800, ha la caratteristica di fiorire una volta sola nella vita e di morire nel farlo, dopo circa 25-40 anni di età, sebbene vi siano casi testimoniati di 50 anni da persone a cui ho tolto '"l'impendizio" di questo fiorellino alto 9 metri e più.
Potrebbe esservi capitato di notare l'Agave in fioritura o già morta su dei costoni a picco sul mare, probabilmente non rendendovi conto delle proporzioni della base che arriva anche ai 50 cm e più di diametro, fasciata attorno dalle foglie spinose e in via di marcescenza.
Ed è proprio a partire dalla raccolta del fiore che comincia a nascere la lavorazione del materiale che andrà ad essere un djembè o un conga o un altro tipo di percussione.
L'agave morta o in via di marcescenza è 'purtroppo' ancora ricoperta dalle sue foglie, lunghe fino a 2 metri, carnose, piene di linfa puzzolente e piene di spine sia sulla costa che sopratutto in punta con un ago lungo 10 cm...e non auguro a nessuno di provarlo!!!
Per la pulizia esterna nell'ambito della raccolta utilizzo il mio 'vecchio' e 'fedele' segaccio da giardiniere, utile sia per sramare le foglie che per il taglio della base...in realtà la parte della radice, quando è possibile raccoglierla(spesso la pianta madre è attorniata da agavine figlie che impediscono lo scasso), può essere utlizzata ugualmente per creare una percussione... caratteristica della radice è di avere una forma pressochè...fallica.
Internamente la base dell'Agave è fibrosa; si tratta quindi di svolgere una prima pulizia interna con l'ausilio di martello e scalpello; una volta che la struttura è 'vuota' iniziano le 'bestemmie' poichè l'interno è ancora pregno di umidità, quindi và lasciata asciugare per circa due settimane lavorando di spazzola di ferro e sgorbia per eliminare le parti fibrose che non si sono ancora staccate.
In ultimo procedo a raffinare ulteriormente l'interno con l'uso di carta vetro grana grossa e via via più fine; anche questa parte della lavorazione è completamente manuale poichè i risultati con le macchine elettriche non arrivano a sottolineare nel lavoro finito le forme interne delle inserzioni fogliari.
Successivamente il lavoro passa al mio collega Carlo che pensa ai rinforzi interni, alla vetrificazione della cassa di risonanza(troppo fragile per essere usata tal quale) e al montaggio della pelle.
- 1° esperimento di Djambé
Nessun commento:
Posta un commento